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Simona Atzori: ballerina senza braccia

Le braccia di Simona sono rimaste in cielo, e nessuno ha fatto tragedie“. Così Candido Cannavò, scrittore e storico direttore della Gazzetta dello Sport, ha scritto di Simona Atzori ballerina e danzatrice senza braccia nel libro intitolato “E li chiamano disabili”.
Simona Atzori ballerina senza braccia
Milanese (ma il cognome rivela le origini sarde dei genitori), 41 anni, Simona è nata senza braccia: un handicap grave, che però non le ha impedito di affrontare la vita con entusiasmo e incrollabile forza di volontà.

Sostenuta dalla famiglia e da un talento fuori dal comune, Simona è oggi una poliedrica artista di chiara fama: ballerina, pittrice, scrittrice affermata.

Simona AtzoriQuella che state per leggere è una storia straordinaria, di quelle che fanno pentire di tutte le volte che abbiamo pensato di non essere all’altezza, o abbiamo detto “non ce la faccio, non ci riesco“.

L’insegnamento di questa donna eccezionale è tutt’altro:

Perché ci identifichiamo sempre con quello che non abbiamo, anziché guardare quello che c’è? Talvolta i limiti non sono reali, ma sono solo negli occhi di chi ci guarda“. Basta una frase così, e le barriere -fisiche o mentali- si sgretolano e vengono giù.

L’amore di Simona Atzori per la danza sboccia già a 6 anni. Agli inizi degli anni Duemila arrivano i primi grandi exploit. Con la coreografia “Amen” firmata da Paolo Londi, è la prima a portare la danza dentro una chiesa, in occasione del Giubileo.

Due anni dopo ha avuto la soddisfazione dare il suo nome a un premio riservato ai ballerini. Il premio “Atzori” tra i vincitori anche la grande Carla Fracci, nel 2006, e Roberto Bolle, nel 2009.

Simona si è fatta ammirare in tante altre prestigiose occasioni. Dalle apparizioni televisive alle esibizione al Festival di Sanremo e all’inaugurazione delle Olimpiadi invernali di Torino nel 2006.

Di lei il coreografo di fama internazionale Daniel Ezralow ha detto: “Simona è una grande danzatrice, senza braccia. Ed è grande perché non si concentra su ciò che non ha, ma le interessa ciò che ha“.

Danzare mi ha aiutata dal punto di vista fisico, è vero, ma non l’ho scelta io, è stata lei a scegliere me. Lo stesso è avvenuto con la pittura: entrambe queste arti mi consentono di esprimere tutto il mio mondo interiore”, “. Ha dichiarato la Atzori in numerose occasioni.

Simona Atzori in scenaTraspare con chiarezza da questa frase la radicata spiritualità che anima le scelte e l’agire dell’artista milanese.

Che non ha mai fatto mistero del suo rapporto vivo e intenso con la fede:

Dico grazie a Dio non solo per la vita in generale, ma per avermi “disegnata” esattamente così. Il mio ringraziamento quotidiano è tentare di rendere questa mia esistenza un capolavoro“.

Capolavori, già. Come quelli che Simona è in grado di mettere su tela quando si cimenta con la pittura, altra sua grande passione fin dall’età di 4 anni. Nel 2001, a suggello di ciò, ha conseguito la laurea di Arti Visive all’University of Western Ontario, in Canada.

Una pittrice senza braccia… come è possibile?

Pittrice senza braccia: Simona Atzori

Il segreto di Simona è semplice nella sua straordinarietà: i piedi.

Racconta l’artista: “Appena nata, quando hanno scoperto che ero priva delle braccia, i miei genitori si sono abbracciati decidendo immediatamente cosa fare: mi avrebbero insegnato a prendere il ciuccio con i piedini“.

Realmente le cose sono andate così, e oggi la Atzori è una pittrice stimata, con mostre ed esposizioni organizzate ovunque nel mondo, dalla Svizzera alla Cina, dal Portogallo alla Grecia.

Ha di recente regalato a Papa Francesco un formidabile ritratto apprezzato dal Pontefice, che segue quello realizzato anni prima per Benedetto XVI e sempre realizzato con la tecnica unica di Simona. Che svela:

In realtà, fin da piccola io coi piedi faccio proprio tutto: pettinarmi, truccarmi, cucinare, raccogliere fiori… La mia famiglia mi ha inculcato un concetto: il fatto di non avere le braccia è una opportunità, la diversità è l’unica cosa che ci accomuna tutti“.

Di handicap Simona Atzori non vuole assolutamente sentir parlare: “Certo, le braccia sembra proprio che non ci siano. Ma sono diventate quattro, poi otto, poi mille, per stringere tutte quelle che hanno voglia di farmi dono del loro amore“.
Simona Atzori dipinge con i piedi
La ricchezza e la sorprendente profondità di pensiero dell’artista di Milano si ritrova anche nei suoi libri, uno dei quali – di grande successo – è intitolato “Cosa ti manca per essere felice?”, pubblicato da Mondadori nel 2011.

Io sono felice adesso, spudoratamente felice“. Ha dichiarato la Atzori.

Non c’è niente che non possa essere fatto, basta individuare il modo migliore per farlo. Io, ad esempio, tengo il microfono con i piedi, altri usano le mani, altri ancora ricorrono all’asta. Siamo noi a decider il modo giusto per noi“.

Nel libro l’artista ripercorre le tappe fondamentali della sua vita. Con tratto sicuro e senza alcuna ombra di recriminazione per il brutto tiro (ma lei questo non lo dice, non sarebbe nel suo stile) che la natura le ha tirato.

Meno male che esiste la diversità, altrimenti vivremmo tutti in un mondo di formiche“.

Snocciola con la consueta prontezza di spirito, quello di una ragazza che ha saputo trasformare la disabilità in un punto di forza, senza rinunciare a uno solo dei suoi sogni e al contrario raggiungendo traguardi straordinari.

Simona Atzori oggi è anche il punto di riferimento per tante persone, in particolare per chi come lei deve fare i conti con l’handicap fisico.

Tra le tante attestazioni di stima e di apprezzamento, ci sono quelle di chi scrive:

  • Sei una maestra di vita per le generazioni future“;
  • Posso solo dirti grazie. Ho letto il tuo libro, ho pianto e ho sorriso assieme a te. Grazie per aver parlato col cuore“;
  • Non vedo l’ora di assistere dal vivo a uno dei tuoi spettacoli. Ho grande ammirazione per te e parlo spesso di te in famiglia“.

Chiudiamo questo “ritratto” di Simona Atzori con una frase tratta proprio dal suo libro, che racchiude in qualche modo tutta la filosofia di vita dell’artista milanese:

Tutto comincia da un sogno. Che va curato, innaffiato e amato, poi frammentato in passi concretizzabili, umanizzato e spogliato della sua connotazione poetica per diventare realtà. Però resta sogno“.

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