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Sì alla ricerca, no alla vivisezione: “L’Ice Bucket? con buonsenso”

Valentina Usala ha intervistato per il blog di Contact Srl Elena Forlino, pedagoga,  socia promotrice di Leal-Lega Antivivisezionista. Il tema? La ricerca, la moda (e il business) dell’Ice Bucket e l’utilità, presunta o reale. della vivisezione come metodo di sperimentazione scientifica.
Ricercatori sulla vivisezione
Elena Forlino, classe 1986, ha studiato pedagogia a Genova e recitazione, regia e drammaturgia teatrali.

Lavora come educatrice professionale ai servizi sociali di Tortona e come teatroterapeuta privatamente con bimbi, adulti, disabili e normodotati. 

Scrive e dirige i suoi spettacoli teatrali. Ha un circolo culturale che si chiama Dazibao, a Tortona. Elena Forlino lega antivivisezioneFin da piccola, sono stata immersa nella cultura animalista, poiché mia mamma mi ha trasmesso l’amore per tutte le creature animali. Sono socia della Leal-Lega antivivisezionista e sono vegana da 4 anni“. Spiega Elena parlando di sé.

Ora sta studiando per poter insegnare tematiche ambientali ed eco sostenibilità nelle scuole.

Dopo avervela presentate, vogliamo riagganciarci a quanto espresso nel pezzo pubblicato riguardante il fenomeno mediatico dell’Ice Bucket Challenge. Chiediamo a Elena di parlarcene, poiché le verità scomode non trovano mai il giusto riscontro. Poiché lo scalpore non piace. Si parla di cifre donate alla ricerca. Ma ci si interroga a sufficienza sul genere di ricerca in ballo?

Elena, parliamo di Ice Bucket e vivisezione?

La ricerca attraverso la vivisezione è anacronistica e gli scienziati lo sanno perfettamente. Sanno benissimo che gli studi pre-clinici sugli animali sono atti ad individuare dosi e principi per farmaci che tuttavia non saranno mai considerati efficaci o almeno prima di essere passati attraverso la sperimentazione sul volontario umano, cosa che è prassi.

Praticamente prima sperimentano sugli animali poi per forza sugli umani volontari perché le malattie e di conseguenza le cure sono “specie specifiche“. Anche l’ animale che potrebbe più assomigliarci. Attenzione, si parla solo di “somiglianza“. Non garantisce un esperimento sicuro.

Il tasso di fallimento sull’uomo di farmaci efficaci sui modelli animali è altissimo, circa il 95%. Questi sono dati scientifici e ben  poco contestabili.

Il problema è che se parli con un vivisettore ti dice: “Tutto vero, questo farmaco non va bene, per questo dobbiamo continuare a cercare! La scienza è tentativo!”.

In realtà è questione di gran soldoni.

Dietro ci sono le case farmaceutiche da cui noi dipenderemo sempre. Se saremo sempre malati, ovvero se non troveranno la cura giusta. Più siamo malati più fanno soldoni.

Nessuno nomina i metodi di rilevanza umana – anche detti metodi alternativi alla sperimentazione animale- perché se fossero finanziati tanto quanto la vivisezione, ci sarebbe un tracollo economico pazzesco delle case farmaceutiche, degli allevatori di animali da sperimentazione, di università, di ricercatori.  Ice Bucket per la ricerca antivivisezioneQuasi tutti i leader delle più grandi case farmaceutiche sono anche allevatori di cavie da laboratorio. Questo è un giro di soldi che non ti so nemmeno quantificare.

Nessuno ti dice, per esempio, che i tumori si nutrono di proteine animali per esempio. Nessuno! Perché? Cosa succede se il tumore si può curare o migliorare con l’alimentazione? Succede che “addio farmacia“! E questo fa molto molto preoccupare chi vive sulla nostra pelle.

Parliamo delle terapie alternative? Vogliamo nel nostro piccolo offrire delucidazioni in merito?  

Per metodi alternativi si intendono tutti quegli approcci scientifici che non ricorrono all’utilizzo di animali vivi o di materiale biologico animale. Ma utilizzano materiale biologico umano come tessuti e cellule.

Attualmente è possibile – se solo finanziassero – riprodurre in silico-tessuti identici a quelli umani per studiarli. I metodi sostitutivi, meglio detti Metodi di Rilevanza Umana- sono tecnologicamente avanzati e  molto più attendibili in quanto tarati su parametri esclusivamente umani quindi non solo “specie specifici“. Ma soprattutto “caso specifici“.

Alcuni di essi sono: le tecniche in vitro 3D; i bioreattori multicompartimentali. Che sono in grado di riprodurre le interazioni tra organo e organo.

Con questi si è riprodotto il diabete umano senza uso di animali. Su cui il diabete (indotto dall’esterno) ha effetti diversissimi dai nostri; stampanti di organi 3D; le co-culture integrate multiorgano. Che permettono di studiare la tossicità in riferimento al metabolismo umano.

Tutti i test effettuati con queste tecniche e molte altre, che non sto ad elencare, sono risultati assai più attendibili e precisi di qualsiasi modello animale. Purtroppo non sono finanziati e non riusciamo a progredire.

Ci hai parlato di cibo. Esattamente.

Ti porto un esempio fuori campo. Il cancro non è una cosa così strana. È un essere vivente, che per nascere e vivere ha bisogno di mangiare. Cosa mangia un tumore? Proteine animali.

Noi esseri umani non siamo progettati per ingurgitare queste proteine tanto che il nostro corpo se ne riceve troppe rispetto a quelle che riesce a tollerare. Reagisce negativamente.

Per esempio non abbiamo l’enzima che assorbe il latte di un’altra specie ovviamente. Il latte di mucca non viene assorbito perché non è latte umano. Possiamo bere quello della nostra mamma da piccoli, che è della nostra stessa specie. Non altro.

Siamo l’unica specie al mondo che beve secrezioni di altre specie. L’equazione alimentare è di facile comprensione. Le proteine animali sono dannose e cancerogene, mentre i vegetali sono antiossidanti e basificano il corpo, rendendolo inadatto alla sopravvivenza dei tumori.

Elena è socia Leal. A al tal proposito, mi voglio rifare ad un altro articolo pubblicato sul blog di Contact in riferimento ad >un’altra patologia neurodegenerativa, la sclerosi multipla.

Sulla sclerosi multipla ci sono interessantissimi studi e la dottoressa Susanna Penco. Affetta da sclerosi multipla e prima ricercatrice italiana ad usufruire della borsa di studio Leal. Per fare ricerca seguendo metodi di rilevanza umana.

Lei è ovviamente a favore della ricerca di rilevanza umana in quanto biologa e ricercatrice e promotrice dell’iniziativa “Dono il mio corpo alla scienza“, che chiede la possibilità di donare il proprio corpo, una volta deceduto, a ricercatori che vogliano studiare un corpo umano, soprattutto perché affetto da sclerosi multipla.

Con la speranza che si possa procedere con la ricerca anche di questa malattia. Vorrei citare anche altre scienziate come la dottoressa Valeria Roni e Bianca Poluzzi, responsabile Leal di Alessandria, da sempre in prima linea nell’attività di informazione e sensibilizzazione sul tema.

Senza dimenticare il precursore di tutti noi, l’illuminato professor Fedi.

Concludo ribadendo un concetto: la rivoluzione animalista è la sola ad essere onnicomprensiva.

Salvando gli animali da macelli, allevamenti,  laboratori,  si salva l’uomo. E’ per questo che ho deciso, come tante altre persone, di girare un mio video contro l’Ice Bucket – il nostro personalissimo “secchio vuoto” –  e di diffonderlo sul web. 

L’unica rivoluzione salvavita, oggi, è quella animalista.

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