Home » Blog » Persone e disabilità » Il segreto di Fabio Panozzo per superare le barriere: fede e poesia

Il segreto di Fabio Panozzo per superare le barriere: fede e poesia

fabio-panozzo-disabile-intervista

Ci sono tantissime storie da raccontare e molto spesso ci si sofferma su quelle che spiccano per fama, autorità e cronaca. Viviamo in un  mondo che ci acceca, in cui le nostre menti sono ormai nelle mani dei media, che ci manipolano a piacimento, facendoci credere giusto seguire una notizia, comprovarla prestando ad essa attenzione , sino a farla quasi diventare uno stile e un modo di vivere. Le mode, le subdole manie e tormentoni che prendono il sopravvento, la storiella di periferia che diventa leggenda.

Nulla di tutto ciò sa essere lodevole in un pacifico, onesto e altruista modus vivendi, eppure piace, eppure sa acchiappare i più, facendo così apparire quella misera cerchia di persone lontane dal resto della società, dei perfetti scarti, ai quali dar credito non giova a nulla.

L’apparenza, l’esteriorità  e il possedere per essere di tendenza, fa di tutto ciò un uomo ricco. E questa è purtroppo la triste realtà dei giorni nostri.

C’è poi una parte di società, ai cui i facoltosi non sono un granché interessati, che insomma si ritrova a far i conti con se stessa, aiutandosi, perché è meglio nominarla poco, senza scoprire quanto bene e quanta forza si può ricevere e al tempo stesso donare. Storie di persone che amano la vita, così per come si presenta e senza invidie. Storie di grandezza, a cui pochi prestano attenzione, ma che indubbiamente sarebbero preziose, delle quali se ne farebbe tesoro.

La storia che vogliamo raccontarvi, arriva dal Veneto, è la storia di Fabio Panozzo.

Fabio Panozzo autore del libro "Io con Me stesso"

Fabio è nato il 6 febbraio del 1979 sotto il segno dell’Acquario, a  Camposampiero in provincia di Padova, ma vive a Piombino Dese, alle porte di Padova, con i suoi genitori.

Attualmente lavora presso la “Stevanato group”,  un’ azienda che produce packing farmaceutico, ovvero fiale e flaconi in vetro per il mercato farmaceutico, sempre a Piombino Dese, occupandosi di Quality Assurance.

E’ Fabio a raccontarsi: “Ho 35 anni e dalla nascita combatto contro una paraparesi spastica. Le caratteristiche di questa patologia sono assenza di equilibrio, forte contrazione muscolare, che colpisce le parti molli ma porta a rovinare anche le articolazioni, quindi oltre alle contrazioni muscolari avevo  e ho ancora oggi molti dolori, ma nonostante ciò sono riuscito a studiare, svolgendo le scuole medie e superiori. 

Questa situazione mi ha portato sin dalla tenera età a fare numerosi interventi chirurgici, più di 20: avevo due vite da vivere, quella a casa e quella in ospedale per rincorre l’evolversi della malattia. Per fortuna ho una famiglia che non mi ha mai fatto sentire diverso e mi ha aiutato ad adattarmi ai mutamenti della malattia, nonostante le  tante cure e i tanti ricoveri”.

Gli chiediamo, malgrado il quadro della sua tenace tempra sia ben chiaro, di come ha conciliato queste due vite: 

“I miei famigliari mi aiutavano tantissimo, ma non bastava. Così una volta  quasi per caso andammo a Lourdes, io avevo sei anni all’epoca ma già all’ora capii l’importanza che avrebbe avuto quel luogo per me.

Ci andai altri 22 volte nel corso degli anni: Lourdes è un luogo di preghiera, dove si incontra fede, speranza e sofferenza. Ci vanno i malati, con il loro carico di sofferenze, pesantezze e delusioni di una vita sofferta.

La madonna con la sua dolcezza ricarica il tuo cuore, di speranza e forza, e ti ricorda, che Gesù ti vuole bene sempre. Tu sei importante proprio perché sofferente. 
Ecco come facevo e come faccio a sopportare queste due vite, pur sbagliando tanto come tutti.  
Poi da giovanotto ho continuato a frequentare questi luoghi e ora sono parte di me. 

Il tempo è passato  e sono riuscito a diplomarmi come tecnico della gestione aziendale, lottando sempre con la mia malattia e assistito dalle fede. La mia malattia è subdola perché ti illude di migliorare: ci sono dei giorni in cui fai programmi e pensi di stare benino, ma poi di colpo ti stende a letto. Ti stanca tantissimo questo. 

Sono riuscito a non mollare: la malattia non mi permette di fare progetti alla lunga, vivo abbastanza alla giornata, ma sono felice anche così. 

Ogni volta che penso al mio percorso scolastico per esempio, sono molto contento perché nonostante i numerosi interventi chirurgici fatti in quel periodo, è stato proprio lì che ho scoperto la mia grande passione per la poesia, precisamente in seconda superiore.
Copertina del libro "Io con Me stesso" di Fabio Panozzo
Per molti l’italiano, le  lettere e in special modo la poesia, erano solo una materia da studiare, per me invece era un modo di esprimere direttamente quello che sentivo dentro in maniera credibile e convincente. Da questa idea, da questo bisogno è nato “Io con me stesso”.

Chiediamo a Fabio di svelarci di cosa si tratta:

“Io con me stesso” è una raccolta poetica che parla in sostanza di me e della mia idea di amore, che supera il tempo e le distanze. Va sempre oltre le apparenze e sopporta amorevolmente le difficoltà.

Oltre che da questo tuo bisogno personale, volevi forse trasmetterlo anche ad altri? 

La raccolta era inizialmente qualcosa di intimo che non volevo pubblicare, perché volevo tenerla solo per me. La scrissi tra il 1996 e il 2000, poi nel 2007 ebbi un aggravamento fisico che mi portò in coma per tre giorni e quando ne usci ci vollero molti mesi per tornare il Fabio di oggi. Per caso lessi di una casa editrice romana che cercava nuovi autori e lo lessi come un segno. Mandai il tutto sperando di essere scelto e dopo 4 mesi quando pensavo di aver perso le speranze, mi contattarono e mi proposero di pubblicare  la mia prima raccolta poetica: “Io con me stesso”, appunto, che dopo sette anni dalla sua nascita dalla mia penna, venne edita dalla casa editrice Albatros Il Filo, di Viterbo”.

C’è un componimento a cui sei più affezionato?  

Sì, si chiama “Ricordo di una donna” ed è dedicata alla donna in questione.  Siamo lieti di darvi un assaggio della sua raccolta che ha goduto di ben otto ristampe, proponendo qui sotto, il componimento preferito di Fabio:

Di te ora ho solo una fotografia li, nell’angolo della mia scrivania.

E vivo di ricordi, il tuo viso vive in me

E mi ricordo quello sguardo così profondo,

come il mare, che io come un bambino mi divertivo a guardare.

Nessuna paura, nessuna incertezza,

volevo solo perdermi nell’incanto di un immensa bellezza.

Sei bella, come lui, come loro che sono luce della tua anima

gentile e premurosa, capace di dare agli altri,

sempre tutto di te, il meglio di te.

Ricordo tu che oggi vai via, lasci un segno indelebile nella vita mia

Vorrei dirti ti amo ma il tempo passa e il ricordo fugge via,

non c’è più tempo nella vita mia.

Come i più grandi poeti, anche tu hai una musa ispiratrice? 

“Ebbene sì! La raccolta è dedicata ad una donna di cui mi sono innamorato quando ero in seconda superiore, ma sai a quell’età nessuno ti crede e ti prende sul serio, ma  a me serviva un mezzo per far capire a questa donna, che il mio cuore era sincero e che io ero abbastanza maturo, pur sapendo che le nostre vite non si sarebbero mai potute incrociare. 

Per questo è nato “Io con me stesso”, con cui però parlare di un solo amore sarebbe stato riduttivo e quindi ho deciso di allargare la raccolta, di aprire a tutta quella sfera sentimentale e affettiva che mi stava intorno, che ha avuto la pazienza di andare oltre le apparenze e di conoscermi, mettendo in luce l’importanza che ha rivestito questo binomio indissolubile tra fede e sofferenza”.

 

Come vivi il tuo Veneto? C’è un luogo in particolare che ti attrae?
Beh… a me piacerebbe visitarlo tutto, infatti giro e visito molti posti, ma oltre a casa mia, adoro Venezia, anche se per me è scomodissima. 

Stai facendo riferimento alle barriere architettoniche?
Sì, esattamente… ma sono barriere difficili da eliminare, ma qualcosa è già stato fatto.
Più che altro è che non sentono il problema, capisci? Cioè lo sentono ma non  sulla loro pelle. Spero sempre si continui, però!”. 

Sai che la nostra intervista è destinata ad un blog curato da un’azienda che, oltre a fornire apparecchiature e soluzioni per una più accettabile qualità di vita a favore dei diversamente abili, si prodiga per l’abbattimento delle barriere architettoniche?
“Ma dai! Bello… beh, allora scrivete che io ho sempre lottato contro le barriere architettoniche! Ad esempio ho fatto creare lo scivolo alle scuole elementari e medie, perché non c’era; ho lottato contro il digital divide e la banda a bassa frequenza a Piombino Dese: su questo ho fatto fare un interpellanza parlamentare. 

Ma in tutto ciò  nella mia vita ho sconfitto molte barriere: pratiche e mentali. Esse si sconfiggono con la frequentazione, in assenza di quest’ultima non c’è conoscenza e quindi le barriere non si infrangono. Credo sia compito dei disabili, quelli che possono spiegarsi, mettere a proprio agio le persone normo dotate in modo che l’imbarazzo scompaia e l’aiuto diventi normale e anzi un’ occasione per fare amicizia. Gli occhi della gente mi hanno sempre seguito. Gli occhi puntati danno sempre fastidio, perché scopri che la gente non ti vede come loro, ma diverso. 

Purtroppo spetta a noi l’onore di far capire agli altri che non lo siamo, ma abbiamo solo difficoltà in più. Sai le barriere culturali sono più forti di quelle pratiche. superare-le barriere-architettonicheIo mi arrabbio molto quando mi dicono che per capire una persona disabile bisogna essere in carrozzina come lei. Non è vero!!!!  

Una persona normo dotata deve e può avvicinarsi ai  bisogni, alla storia e alla vita di una persona disabile; l’insegnamento parte però dalla famiglia, fatto salvo che ci sono anche i disabili stronzi e antipatici! I muri e le difficoltà  pratiche aumentano il disagio della disabilità stessa, appunto la presenza di barriere: per andare fuori di casa, al lavoro, sul treno e nei luoghi pubblici. Per fortuna vado al lavoro con mio fratello Dario e la mia azienda non ha barriere per raggiungere il mio ufficio”. 

Ci hai parlato di più tipologie di barriere. Ci vuoi dare un tuo parere per ciascuna?

“Certo! Potremmo dividere le barriere in architettoniche, ideologiche, pratiche e sentimentali. 

Architettoniche sono quelle che ti impediscono di raggiungere liberamente un luogo o quelle barriere architettoniche che ti bloccano e fanno finire la tua autonomia. 

Ideologiche, quando ci fissiamo sull’idea di non voler conoscere qualcuno, solo perché ci fa paura perché è diverso da  noi. Non per il colore della pelle, ma perché non parla, non mangia, è brutto da vedere. 

Pratiche , quando  ti dicono verrei via con te, ma non sono pratico con la carrozzina, non so come prenderti, ho paura che mi cadi; non so interpretare i tuoi bisogni, non so come aiutarti se hai  bisogno: ecco che ritorna la frequentazione, fondamentale per questo aspetto. 

Sentimentali: quando un disabile dice a qualcuno ti voglio bene , mi piaci, oppure ci fantastica anche perché magari non ce la fa fisicamente a raggiungere la persona in questione, vedi che non sei mai preso sul serio, perché sei sempre visto come l’amicone, quello profondo e quello bravo, e l’idea di uomo non c’è! Perché avere un compagno ammalato di partenza spaventa molto e il sentimento non basta: i principi azzurri su quattro ruote non vanno di moda, anche  se io vado contro corrente, come nel mio libro”.

Facebook Twitter WhatsApp Email LinkedIn

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *